Indebiti Inps per il bonus asilo nido: ecco come difendersi

In questi giorni, non solo a Pozzuoli ma anche a Marigliano di Napoli, numerose famiglie stanno ricevendo dall’INPS una comunicazione di accertamento per somme indebitamente percepite relativamente al bonus asilo nido per gli anni 2023 e 2024.
La richiesta, che riguarda importi mediamente pari a 1.040 euro, impone la restituzione entro 30 giorni tramite avviso pagoPA. Molti cittadini si stanno chiedendo: questa richiesta è davvero legittima? E, soprattutto, come ci si può difendere?
Secondo quanto spiega l’avvocato Lelio Mancino, che in questo periodo ha ricevuto molte richieste di aiuto da parte di diverse famiglie su quanto sta accadendo, sebbene si presenti come un semplice avviso “la comunicazione dell’INPS è in realtà un provvedimento amministrativo impositivo, perché pretende il pagamento di una somma sulla base di un accertamento unilaterale.
Questi i motivi per cui il provvedimento può essere considerato illegittimo: la mancanza di motivazione specifica ossia l’INPS si limita ad indicare che il pagamento sarebbe “indebito”, senza chiarire se la causa sia un errore sui requisiti reddituali, problemi documentali o altre circostanze concrete.
Violazione del diritto di difesa. Le famiglie si trovano davanti al fatto compiuto, senza essere state informate o ascoltate in via preventiva, in contrasto con l’art. 7 della Legge 241/1990 sul diritto di partecipazione al procedimento amministrativo.
Assenza di dolo o colpa grave. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito (Cass. civ. sez. lav. n. 17155/2003; n. 24964/2019) che, in mancanza di dolo o colpa grave, non si può pretendere la restituzione delle somme percepite, specie quando l’errore è imputabile all’amministrazione.
Mancato contraddittorio preventivo. Prima di procedere al recupero coattivo, l’INPS dovrebbe attivare un confronto con l’interessato. L’assenza di un formale “invito a dedurre” può rendere l’atto annullabile per difetto di procedura.
L’avv. Lelio Mancino afferma che chi riceve una simile comunicazione non deve pagare immediatamente senza valutare la legittimità della richiesta. È possibile, infatti: presentare ricorso al Giudice del Lavoro entro 40 giorni dalla notifica dell’avviso; notificare il ricorso all’INPS – sede territoriale competente – e depositarlo presso il Tribunale del Lavoro del luogo di residenza.
Alcuni precedenti giurisprudenziali rafforzano la posizione delle famiglie coinvolte: Cass. Civ. n. 17155/2003: “La restituzione non è dovuta in assenza di dolo o colpa grave, specie quando l’errore è imputabile all’amministrazione”. Cass. n. 24964/2019: “Il recupero di somme erogate deve sempre avvenire con piena garanzia del diritto di difesa”. Cass. n. 26309/2021: “La buona fede del percettore impedisce la ripetizione, in caso di silenzio o comportamento concludente dell’ente”.
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